Da che mondo è mondo l'essere umano ha sempre cercato un legame fra se e il Divino Creatore dell'universo, 

una somiglianza, un segno, a  chi ha modellato il perfetto mondo dell''esistenza,  un segnale per indicarci  che     l'inevitabile fine della vita terrena non è la fine di tutto, ma solo un primo percorso continuativo in un'altra dimensione.

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Presenze invisibili

Di Maurizio Tiezzi

Un giorno molto tempo fa quando le mie convinzioni non erano ancora definite un frate  a cui mi rivolgevo nei momenti di smarrimento  mi disse delle parole che mi sono rimaste inpresse “figlio mio la morte non esiste, cambieremo  solo involucro, questa materia rozza e deconponibile dove siamo inprigionati  ci serve esclusivamente per percorrere un un primo cammino larvale  verso un’altra piu nuova condizione,  fatta di  solo  spirito, ed è con questo nuovo corpo astrale  che percorreremo  la prossima  esistenza in altre dimensioni, dove spazio e tempo non hanno alcun senso,   lo spirito vivrà ancora per perfezionarsi ed accedere ad una condizione più elevata aiutando la nostra anima (che è la vera somiglianza che abbiamo con Dio)  a incontrare la luce”.

Ad alcuni di voi sembrerà utopico e fantasioso tutto ciò frutto di una persona che ha problemi seri, ma credetemi nessuno è obbligato a credere e non sarò certamente io a cercare di convincervi, è il buon Dio che  ve ne darà anche a voi l’opportuntà(se vorrete vedere e sentire) “segni” e prove strettamente   personali,  Dio ci ha chiesto fino a quel momento di avere fede, chi non ha percepito o non ancora avuto queste prove abbia almeno  fede.

La fede pero è un dono,  e per  chi crede come me e’ piu’ facile accettare  e se vogliamo anche capire certi eventi imprevedibili della vita,  ma e’ sicuramente un dramma per tutti coloro che si rifiutano di guardare oltre, e vogliono ad ogni costo interpretare scientificamente anche quella parte di noi che non appartiene alla materia , e spiegare certi fatti  e accadimenti  a chi vede con occhi  limitati alle formule scientifiche conosciute, è  davvero molto difficile.

Tutto questo e cio’ che non puoi spiegare con la scienza conosciuta  viene definito anche con la parola paranormale.

Cosa definisce, propriamente, la parola ” Paranormale ” ?

Questa espressione non mira tanto a descrivere dei fatti più o meno strani o leggendari, presenti spesso nei racconti e nelle tradizioni dei popoli del passato o in quelli a noi più recenti ma esprime invece un significato chiaro e profondo non da tutti conosciuto, il quale sta alla base pure delle considerazioni nate a seguito di studi a carattere scientifico che, dall’ieri all’oggi, nell’ultimo secolo, sono stati possibili produrre sul tema.

Il termine, il cui conio risale ai primissimi anni del 1900, e che in Italia verrà a trovarsi ufficialmente sulla ” Enciclopedia Italiana ” per la prima volta nel 1935, è stato introdotto dal metapsichista francese Charles Richet, ad indicare tutto il complesso delle fenomenologie che, nell’Ottocento ed ancor prima, non avendo ancora ricevuto una chiara definizione e suddivisione di semantica, per loro natura si ponevano al di fuori dei canoni razionalisti umani di scuola positivista : questi accadimenti infatti eran ora associati al complesso dei ” fenomeni spiritici “, ora a quello dei ” fenomeni psichici “, ai ” fenomeni miracolosi, preternaturali o soprannaturali “, oppure all’anomalistica in generale e così via.

Questo termine, dunque, ebbe il pregio soprattutto di raggruppare argomenti così differenti in un’unica materia d’indagine, che al suo interno manterrà a seguito chiare divisioni.

Paranormale quindi per contraddire i principi generali della realtà riconosciuta come naturale e normale, quali il fatto che :

1) il mondo esterno possa essere conosciuto solo attraverso il canale dei sensi fisici ;

che 2) è impossibile agire fisicamente su di un oggetto senza l’ausilio di un’energia fisica conosciuta lì applicata ;

e che 3) è impossibile, in un fenomeno, che l’effetto preceda la sua causa, nello spazio e nel tempo.

Visto invece come tematica, raggruppa a sé numerose discipline che si prefiggono lo studio, la catalogazione e l’eventuale produzione di tutta la serie di fenomenologie che il tempo ha concesso fin qui di notare, e, constatando il fatto che tali fenomeni siano per la maggior parte del tutto spontanei, e per una esigua rimanente parte siano possibili da indurre in particolari casi, da qui, son nate ulteriori divisioni concettuali per meglio ordinarli.

I fenomeni paranormali ricorrono nella storia dell’uomo fin dalla più remota antichità, e reperti testimoniali di tali fatti ( che pur oggi si producono ) son sempre esistiti, segnati come memoria storica dalle prime tavolette di creta fino ad oggi. In realtà, non ci troviamo a descrivere dei modelli di fenomeni chiusi e cristallizzati in stereotipi hanno, questi, bensì una continua evoluzione e crescita : fatti che, disattendendo le leggi della scienza positivista ed i metri della logica umana si producono ugualmente, con una coerenza che mostra la necessità di cambiare, verso di essi e dunque verso la natura, i nostri metri e modelli interpretativi che crediamo immutabili e costanti. Tali fatti non sono dunque solo eventi inerti : spesso dimostrando chiaramente anche un principio di intelligenza e volitività che, tuttavia, l’uomo non sa associare alle fonti conosciute che più spesso indica e studia per definire i vari perché di ciò che lo circonda.

Ma parlare di questo non è solo un bisogno di noi stessi, ma anche l’ interrogativo per chiedersi se davvero non ci sia più nulla da scoprire,quanto è poco quello che sappiamo e se ciò che è stato scoperto rispecchi davvero una verità stabile, e, questo rappresenti da vicino un utile spunto per stuzzicare quella sana curiosità che è sempre indice della più bella e vera ricerca, non solo scentifica ma anche dentro di noi. Partendo dall’analisi di questi fatti, nuovi interrogativi saranno dunque posti per raggiungere una consapevolezza sempre maggiore.

Le esperienze di pre-morte (EPM), indicate spesso con l’acronimo NDE (dall’inglese Near Death Experiences) costituiscono un fenomeno molto diffuso che si va a poco a poco imponendo all’attenzione di studiosi di tutto il mondo. 

Tali esperienze riguardano tipicamente persone che, per circostanze diverse (incidenti stradali, annegamenti, ferite da armi da fuoco, cadute, tentativi di suicidio, interventi chiruirgici, gravi malattie), sono venute a trovarsi in condizioni di morte clinica, con perdita totale della coscienza, e sono state successivamente riportate in vita. Secondo i dati raccolti finora sembrerebbe che circa il 35-40 % delle persone rianimate abbia vissuto delle esperienze di pre-morte; inoltre, gli studi non mostrano alcuna relazione tra il fenomeno e l’età, il sesso, la razza, la religione, la classe sociale o il livello d’istruzione. 
I resoconti dei soggetti che hanno avuto delle NDE sono abbastanza diversi tra loro; è possibile tuttavia estrarre da tali esperienze alcuni elementi che tendono a ripetersi nella maggioranza dei casi, formando così una sorta di modello di riferimento. 
Sulla base di tale modello, una tipica NDE attraversa le seguenti fasi: 

1) Il soggetto si trova improvvisamente a fluttuare al di fuori del proprio corpo, a un lato di esso o, più spesso, al di sopra. Può osservare l’ambiente circostante, guardare con distacco il luogo dell’incidente o assistere ai tentativi di rianimazione che i medici stanno effettuando. In certi casi si spinge in altre stanze dell’ospedale, o all’interno della propria abitazione. La percezione è molto intensa e chiara, tanto che il soggetto, una volta rianimato, è in grado di descrivere nei dettagli tutto ciò che è avvenuto intorno a lui mentre si trovava in stato di incoscienza. 

2) In seguito c’è l’ingresso in una sorta di tunnel buio, che si percorre a gran velocità in direzione di una estremità in cui si intravede una luce abbagliante. 

3) Giunto al termine del tunnel, il soggetto viene sommerso dalla luce, che sembra permeare ogni cosa e alla quale vengono attribuite qualità positive, descritte generalmente in termini di amore, bontà, serenità. E’ qui che egli incontra spesso parenti e amici defunti o esseri extra-umani (angeli), i quali a volte gli danno informazioni riguardanti il luogo in cui si trova. 
Durante l’attraversamento del tunnel o, più frequentemente, mentre si trova immerso nella luce abbagliante, il soggetto vede spesso scorrere le proprie esperienze passate come in un film, sentendosi spinto a compiere una sorta di bilancio della propria esistenza. Tale visione retrospettiva ricorda molto da vicino la scena del giudizio nell’aldilà di cui parlano molte religioni del mondo. C’è tuttavia una differenza importante: tutti coloro che hanno avuto esperienze di pre-morte non parlano mai in termini di giudizio (che implica punizione o ricompensa), bensì di accettazione e comprensione, tese a un’autovalutazione del soggetto riguardo alle proprie azioni. 

4) Una caratteristica comune alla maggioranza delle esperienze di pre-morte è che a un certo momento qualcuno o qualcosa fa capire al soggetto che deve tornare indietro nel mondo dei vivi, perché il suo momento non è ancora venuto. Tale momento può capitare in una qualsiasi delle fasi descritte. 
Il ritorno alla vita viene in genere vissuto come sgradevole perché l’esperienza del distacco dal corpo è associata a benessere, pace e profonda armonia, uno stato ben lontano da quello sperimentato nella vita ordinaria. 

Le interpretazioni del fenomeno

Riguardo al significato da attribuire alle esperienze di pre-morte, si possono dividere le spiegazioni in due grandi classi: 

1) Concezioni spiritualiste, che considerano le NDE come una prova dell’esistenza di una parte immateriale dell’uomo, la quale si separerebbe dal corpo al momento della morte. In questo senso andrebbero interpretate anche la luce abbagliante (considerata una emanazione della divinità) e il rivivere come in un film la propria vita (visto, invece, come la manifestazione del “giudizio” che ogni anima dovrà subire al suo ingresso nell’aldilà). 

2) Concezioni scientifiche, sostenute da coloro che rifiutano le concezioni extra-fisiche per le esperienze di pre-morte. Per i sostenitori di questo tipo di tesi, le NDE non sarebbero altro che immagini provocato dallo stato di mancanza di ossigeno e di sostanze nutritive nei neuroli cerebrali, oppure il prodotto di certi farmaci somministrati ai pazienti in condizioni cliniche disperate o, infine, visioni provocate dalle endorfine che si liberano nel cervello in una fase critica delle funzioni vitali. 
Bisogna osservare che questo secondo tipo di concezioni, nelle sue diverse versioni, è tipica di quegli studiosi che si sono pronunciati sul fenomeno utilizzando resoconti riportati da altri studiosi, cioè senza aver partecipato a ricerche dirette sui pazienti. D’altra parte, quasi tutti coloro che, per motivi di lavoro, sono stati a diretto contatto con pazienti che hanno avuto NDE (medici, infermieri, anestesisti), anche se inizialmente scettici sulla natura extra-sensoriale del fenomeno, si sono successivamente ricreduti. Certi particolari riferiti dai pazienti, infatti, pur sorvolando sul fatto che in uno stato clinico di encefalogramma piatto non si dovrebbe avere alcun tipo di esperienza cosciente, non avrebbero potuto essere percepiti dalla collocazione spaziale e nelle circostanze in cui i pazienti stessi si trovavano. 

NDE e bambini 
Un filone tutto particolare è rappresentato dalle esperienze di pre-morte che coinvolgono bambini. Dobbiamo soprattutto al pediatra americano Melvin Morse la raccolta di numerosi casi di tali esperienze che riguardano bambini dai 3 agli 11 anni. 
Morse, inizialmente scettico su una interpretazione extra-corporea del fenomeno, dopo aver studiato molta della letteratura disponibile sull’argomento, e dopo aver esaminato molti casi di NDE nei bambini, giunse alla conclusione che le diverse spiegazioni tendenti a ricondurre le esperienze ai fenomeni fisici del cervello erano inadeguate. 
Secondo Morse, il fatto che un bambino clinicamente morto sia in grado di raccontare (a parole o con disegni) con ricchezza di particolari le diverse fasi della sua rianimazione, di descrivere le persone che si sono avvicendate accanto a lui, o addirittura di descrivere i nonni, morti prima dela sua nascita, avendoli incontrati mentre era del tutto incosciente, chiama in causa una realtà diversa da quella a cui siamo abituati. 

Breve prospettiva storica 
Convenzionalmente si fa risalire l’inizio degli studi sulle esperienze di pre-morte al 1975, anno in cui Raymond Moody, medico, pubblicò un libro in cui venivano raccolte molte testimonianze dei suoi pazienti che avevano vissuto esperienze riconducibili alle NDE. 
Poco dopo, Elisabeth Kubler-Ross rivelò di aver condotto quasi contemporaneamente una ricerca analoga e di aver fatto più o meno le stesse scoperte di Moody. 

Nel 1977 Karlis Osis ed Erlendur Haraldsson posero a confronto quasi 900 casi di NDE riferiti da pazienti a dottori o altro personale medico, sia negli Stati Uniti che in India, senza trovare grandi differenze nei resoconti, nonostante le forti differenze culturali. 

Agli inizi degli anni Ottanta, ricercatori come Bruce Greyson e Melvin Morse svolsero nuove indagini, costituendo lo IANDS (International Association for Near-Death Studies), a cui aderivano medici, neurologi, psicologi e psichiatri, con l’obiettivo di portare avanti una ricerca interdisciplinare sul fenomeno delle NDE. 

Dagli anni Novanta in poi vengono periodicamente organizzati congressi internazionali nei quali sono presentati nuovi studi e ipotesi sulle esperienze di pre-morte. 

Nel 2001, la rivista scientifica “The Lancet” ha pubblicato una ricerca dell’olandese Pin van Lommel e collaboratori, dove viene descritto un primo protocollo scientifico applicato su larga scala (344 pazienti) nella valutazione delle NDE. 

Sebbene tali fenomeni si siano imposti all’attenzione dei ricercatori solo negli ultimi 30 anni, essendo divenuti assai frequenti grazie ai progressi delle tecniche di rianimazione, esperienze simili, sia pur molto più rare, sono note da moltissimo tempo. Esse vengono descritte, con abbondanza di particolari, nel Libro egiziano dei morti (500 a.C.), negli scritti yogici del saggio Patanjali (risalenti a 2000 anni fa) e nel Libro tibetano dei morti (VIII secolo). 

CASISTICA E FENOMENOLOGIA

 

Di questo insolito fenomeno sono state date varie definizioni: sdoppiamento, esperienza extrasomatica, proiezione astrale. In questi ultimi anni ci si è concordemente orientati sul termine « esperienza fuori dal corpo, abbreviata nella sigla OBE dall’inglese «Out of Body Experience ».Il fenomeno dell’uscita dal corpo è riportato spesso anche nell’agiografia cattolica (si parla allora di « bilocazione »: ne abbiamo parlato nel capitolo precedente); presso i popoli primitivi e i mistici indiani e tibetani pare che sia stato e sia relativamente frequente. L’esperienza della separazione dal corpo capita però, oltre che ai mistici e ai santi, anche a persone normalissime, prive di particolari doti spirituali, ed è stata riferita più o meno negli stessi termini da individui diversissimi fra di loro, in tempi e ambienti molto dissimili: e questa uniformità di descrizione conferisce valore alle testimonianze e le rende maggiormente attendibili..

Ecco dunque un caso tipico

Era estate, una giornata afosa, ero disteso su un divano e leggevo. A un tratto sentii che mi assopivo, ma in me c’era una strana lucidità mentale e rilassatezza. Mi invase pian piano un torpore e tutto il corpo mi si irrigidì, tanto che il capo era reclinato sulla spalla destra e non riuscivo a girano. D’un tratto mi sentii sollevare dolcemente sopra il mio corpo disteso e rigido. Mi trovai accanto alla finestra, fluttuavo nell’aria, ero in posizione verticale e mi sembrava di muovermi al rallentatore. Un senso di pace e di gioia riempiva il mio animo, vedevo tutto più chiaro e luminoso, ma la stanza intorno a me non era mutata affatto. D’improvviso sentii, o meglio percepii, un « qualcosa », una presenza vicino, come se qualcuno mi stesse chiamando, ma non udivo la voce: era qualcosa di penetrante che « vibrava » dentro di me, dentro quel « nuovo corpo leggero ». Fu un istante, e notai vicino a me una persona, anch’essa fluttuante nell’aria, che mi tendeva le braccia sorridendomi. Rimasi sbigottito riconoscendo in lei una donna, deceduta circa un anno prima e a me molto cara. Poi la visione svanì, e io rimasi ancora un attimo interminabile immerso in una grande quiete; provavo sensazioni bellissime, mai provate e difficilmente descrivibili ora; sentivo che la mia mente era libera di spaziare ovunque; quel nuovo stato mi eccitava, mi spronava ad andare avanti, anche se non sapevo dove… Mentre facevo queste considerazioni mi sentii risucchiato violentemente da una spirale che ruotava vertiginosamente, almeno così mi sembrò, e mi ritrovai di colpo nel mio corpo: mi sentivo rigido, pesante, ero intontito. Poi pian piano cominciai a muovere le braccia e la testa, che era ancora reclinata sulla spalla, facendo un grande sforzo…

In questa esperienza ritroviamo molti elementi caratteristici dell’uscita dal corpo improvvisa e inattesa; lo stato di irrigidimento che precede l’uscita; il fluttuare nell’aria, avendo la visione del proprio corpo disteso e come addormentato; il senso di gioia, di serenità, di libertà che l’esperienza extrasomatica conferisce; il comunicare senza bisogno di parole; l’incontro con l’entità. Infine il rientro improvviso, e in questo caso non voluto, nel corpo, dal quale il soggetto si sente addirittura risucchiato.

Questo soggetto visse la sua prima OBE in maniera serena, senza traumi; altre volte invece l’uscita dal corpo spaventa chi la vive. Ecco per esempio il caso di una ragazza ventenne:

Erano circa le 7:30 del mattino, ero a letto ancora intorpidita dal sonno e pensavo a quanto mi aspettava nella giornata: alle nove dovevo essere in ufficio, ma prima dovevo fare altre cose, dovevo quindi alzarmi al più presto. Ed ecco che mi accorsi di una cosa che fino a quel momento mi era sembrata normale e che invece non lo era:mi trovavo si nella mia camera, ma galleggiavo all’altezza del soffitto presso l’armadio, di fronte al letto. Notai che sopra l’armadio c’era molta polvere e pensai che dovevo pulirlo. Da quella posizione vedevo me stessa sul letto, coricata bocconi, con le lenzuola addosso, il braccio sinistro fuori dalle coperte, sotto la testa. Dalla camera attigua, ossia la cucina, sentivo i vari rumori prodotti da mia madre che preparava la colazione. La radio accesa trasmetteva le notizie del mattino. La finestra della mia camera era chiusa, ma nonostante l’oscurità io vedevo tutto come se ci fosse stata la luce del giorno. A questo punto, benché ancora perfettamente tranquilla, decisi di rientrare in me stessa, e mi ci ritrovai istantaneamente. Ma per quanti tentativi facessi, non riuscivo ad alzarmi: il corpo non rispondeva alle mie sollecitazioni. Cominciai a temere di esser morta e, in preda alla paura, decisi di provare a chiamare mia madre: questa decisione mi riportò fuori dal corpo, e il solo desiderio di vedere mia madre mi fece trovare in cucina, come se la parete divisoria non esistesse. Mia madre rimestava il caffè, mio fratello mangiava e ascoltava la radio. Chiamai mia madre più forte che potei, ma lei non si accorse di me, le tirai la manica per farla accorgere della mia presenza, ma invano. Lo stesso feci con mio fratello, ma col medesimo risultato. Allora tornai presso il mio corpo, ben decisa e con rabbia disperata: non volevo esser morta! Concentrandomi sulle singole parti del corpo, cominciando dalle dita, riuscii finalmente a muovermi…

In seguito questa ragazza raccontò ogni cosa, anche arrabbiandosi molto, alla madre e al fratello; non volevano crederle, ma dovettero ricredersi quando lei fu in grado di riferir loro nei dettagli quanto avevano fatto e le notizie che la radio aveva trasmesso.levano crederle, ma dovettero ricredersi quando lei fu in grado di riferir loro nei dettagli quanto avevano fatto e le notizie che la radio aveva trasmesso.

In altri casi l’esperienza può verificarsi durante la pratica dello yoga o la meditazione, come per esempio è avvenuto a una giovane signora di Milano:

Vidi una luce blu-viola, mi ci sono « tuffata », e questo velo colorato si è aperto. Simultaneamente ho sentito che una forza mi aspirava e mi sono ritrovata in un tunnel. Mi sembrava di muovermi con estrema velocità, le pareti giravano rapidamente, in fondo c’era una luce bianca, dolce, calda. Sentivo che mi univo a una forza terribile fatta d’amore, e avrei potuto andare oltre nella luce, ma il maestro ci ha richiamati, dicendo che dovevamo prepararci a muovere il nostro corpo, che la meditazione era terminata. Non avevo voglia di rientrare, ma sentivo che rientravo, mio malgrado.

Questa esperienza è stata definita dalla protagonista come « una straordinaria esperienza di felicità. La luce, che si ritrova anche in altri casi, è vissuta come « amore »: « Amore — dice la protagonista — con tutto quello che comporta di dono di se stessi, tenerezza, unione totale .

Altri ancora vivono l’OBE in seguito a eventi traumatici: incidente stradale, operazione o altro. Ecco il caso di un signore di una quarantina d’anni che visse la sua OBE a causa di un’apnea troppo prolungata:

Mi ero recato con la famiglia a San Fruttuoso, ove poco allargo della punta, a una decina di metri di profondità, c’è una statua, quella del cosiddetto Cristo del mare. Era la prima nuotata della stagione e mi riproponevo di andare a vedere la statua. Lì giunto, mi immersi e nuotai abbastanza a lungo. A un certo punto mi sentii pervadere da uno stato di immensa serenità e gioia, certo non insolito a chi fa prolungate immersioni in apnea. Persistetti incautamente in quello stato, così che avvenne che mi vidi nettamente accasciato in fondo al mare, presso il basamento della statua, con il petto e il viso contro la ghiaia. Mi sembrava di occupare ora uno spazio grandissimo, ora piccolissimo; vedevo la luce del sole riflessa sul mare e il mio stato era di un benessere tale da non essere descrivibile, o almeno è superiore a tutte le gioie che comunemente si provano, come diventare padre oppure liberarsi da un’oppressione. Solo il desiderio di rivedere la famiglia mi decise a far muovere il corpo dalla posizione immersa in cui si trovava. Risalii come un turacciolo, con grave rischio, tant’è che persi sangue dalle orecchie; poi chiesi aiuto a una barca che stava arrivando…

Riporto i commenti di questo signore, che visse anche un’altra OBE in seguito a un avvelenamento da medicinali scaduti. Con riferimento a entrambe le esperienze, egli dice:

Il mio corpo non mi sembrava molto attraente, come uno che si guarda per troppo tempo nello specchio. Mi rincresceva di dover tornare indietro e ho fatto entrambe le volte con evidente sforzo di volontà. Mi pareva che tutto fosse infinitamente « senza importanza », come se il destino di tutti in quella condizione fosse molto più felice della vita nel corpo. Vedere il corpo fisico è come vedere un abito al quale si è affezionati.

In questa esperienza il corpo viene considerato con distacco, e lo stesso avviene in quasi tutti i casi di cui sono a conoscenza. C’è chi ha definito il corpo un « contenitore », chi un «abito vecchio », chi addirittura ha faticato a riconoscerlo. Riporto per esempio i commenti particolarmente espressivi di una ragazza di ventisei anni, che ebbe una OBE in seguito a una gravissima emorragia:

Sono una giovane donna di ventisei anni, che ama la vita e ha cura del suo corpo, anzi lo cura, mantiene la linea snella, lo lava, lo trucca, lo profuma, lo veste bene e così via: non riesco ancora adesso a capire l’indifferenza che avevo in quel momento verso il mio corpo, che mi appariva insignificante, non mio, pur riconoscendolo…

L’OBE significa, per chi la vive in situazione di stress, la totale sospensione dei dolori e delle sofferenze; in altre parole, anche se il corpo è ammalato e sofferente, «fuori » ci si sente perfettamente bene. Ecco un esempio:

Due anni fa mi trovavo in vacanza alle Eolie, con mio figlio quattordicenne. Una sera, dopo cena, mi sedetti in terrazza. Più tardi a letto cominciai a sentirmi male e a vomitare per ore: con angoscia aspettavo che sorgesse il sole per chiamare qualcuno degli isolani vicini di casa e far venire un medico. Seppi poi che si trattava di congestione. In quelle notti avevo fatto dormire mio figlio nella mia stanza perché era leggermente indisposto. Non so come, mi ritrovai, senza più dolori né nausea, stesa al di sopra del mio corpo, a circa un metro di altezza, ma ero di una sostanza simile a una nuvola densa. Non ricordo cosa pensassi, tentai prima allegramente poi ansiosamente di scuotere mio figlio per svegliano, ma la mia mano gli trapassava il corpo come se fosse stato fumo. Lo chiamai ad alta voce, almeno così mi sembrò, ma lui non si mosse.Ebbi paura e con tutte le mie forze volli tornare giù. Mi «risvegliai » nel corpo e ricominciai a sentirmi male. Guardai mio figlio che dormiva, era nella stessa posizione in cui l’avevo visto dall’alto…

In questo caso, oltre alla sospensione dei dolori, troviamo un altro elemento importante: l’impossibilità di farsi notare.

Vediamo ora un altro aspetto. Anche se il fatto di ritrovarsi fuori dal corpo spaventa chi non è preparato all’esperienza, la situazione in sé viene definita di leggerezza, libertà, gioia. C’è la paura di non poter rientrare nel corpo, la paura di lasciare i propri cari, anche la paura di quello che potrebbe capitare al corpo addormentato nel letto: « Il mio corpo era rimasto incustodito », ha detto una protagonista. Nonostante tutto ciò, in complesso l’esperienza dona felicità: «Ero pervasa da una felicità dolcissima e vivissima, solo per amore l’avevo provata un’altra volta »: questo è il commento di una signora di trentanove anni, protagonista di un unico episodio.

E per mostrare fino a che punto l’esperienza possa essere felice, riporto il caso di un uomo di trentacinque anni, che ha frequenti OBE. Ecco come egli ha narrato la sua prima esperienza vissuta in modo consapevole:

Pochi minuti dopo che mi fui coricato, cominciò il preambolo: cioè mi sento scuotere violentemente da un flusso di energia che partendo dal basso va a cozzare contro il cervello, e mi ritrovo fuori dal corpo, in orizzontale, a mezza altezza tra il soffitto e il letto, rivolto verso il basso. Mi guardai attorno, rivolsi lo sguardo verso me stesso: avevo un corpo, ma bianco e trasparente. Pensai: « Sta’ a vedere che sono proprio in astrale…! ». Chissà perché, nonostante la posizione impossibile e tutto il resto, non ero convinto di essere nel doppio. A questo punto ritenni che avrei dovuto convincermi con una prova del nove. Pensai che se mi fossi diretto verso l’altro lato del letto, dove quella sera mia figlia dormiva accanto a mia moglie, e avessi « scosso » la bimba, avrei avuto la prova, in quanto, se davvero ero in astrale, la bimba non avrebbe dovuto percepire il mio scuotimento. Così feci. Fluttuando mi spostai; quando fui alla sua altezza, allungai le braccia per afferrarle il viso e scuoterglielo quel tanto che bastasse a provocare in lei un movimento di reazione, ma mi accorsi che le mie mani sprofondavano nelle sue carni fino a compenetrarsi l’una nell’altra. Ero in astrale! In quel momento provai una gioia incontenibile, una sensazione irripetibile di pace e benessere. Saggiai le mie possibilità di movimento: fluttuai nell’aria, accelerai, decelerai, mi misi in verticale, poi in orizzontale, un’autentica scorribanda nella stanza. Giocavo come un bimbo, felice della nuova situazione. Ero libero, lucido, leggero, avevo tutto e di più, fuorché la prigione del corpo!

Anche per questo soggetto, come per tanti altri, il rientro nel corpo non fu gradevole:

Decisi di rientrare, focalizzai il mio corpo fisico e provai letteralmente un senso di nausea vedendolo, e pensai:« Accidenti, ma devo proprio entrare…? ». A questo punto mi sentii come trascinato nettamente e mi ritrovai nel corpo: mi sentivo sereno, appagato, e quella notte mi riuscì difficile prender sonno

Che cosa lasciano queste esperienze? Da quasi tutti i protagonisti esse vengono definite esperienze determinanti, che cambiano totalmente, in senso positivo, le concezioni di chi le vive: rendono più disponibili verso; gli altri, più distaccati nei confronti di tante vicende quotidiane, più aperti verso i grandi problemi della vita.La positività dell’OBE è confermata dal fatto che quasi tutti, anche chi ha avuto paura, e vorrebbero ripeterne l’esperienza, se ne avessero la possibilità.

L’esperienza fuori dal corpo, che viene vissuta spontaneamente e più o meno negli stessi termini da persone di tutto il mondo, diversissime tra loro da ogni punto di vista, sembra quindi indicare che la nostra coscienza è in grado di esistere, percepire, ricordare, decidere anche al di fuori e indipendentemente dal corpo fisico, il che fa ipotizzare che potrà farlo anche quando il corpo sarà morto. Uso volutamente il termine ipotizzare, e non dimostrare, in quanto qui entriamo in campo metafisico, e ciò che è metafisico non può essere dimostrato a livello fisico. Ma è tuttavia un’ipotesi che vale la pena di prendere in seria considerazione.